Il Talk e lə ospitə
Martedì 3 giugno ho avuto il piacere di partecipare, a Roma, a uno dei talk de La Pride Croisette: Essere se stessə. Salute mentale e identità nella comunità LGBTQIA+.
Lo spazio di confronto è stato dedicato a una riflessione profonda sugli aspetti che caratterizzano l’identità nella comunità LGBTQIA+ e sulle problematiche legate alla salute mentale che attraversano le vite di moltə dei suoi membri.
Il Talk è stato egregiamente moderato da Ali Bravini, storica, scrittrice, attivistə trans-non binary e responsabile del Centro di Documentazione Marco Sanna.
Paola Corneli, presidente di Agedo (Associazione Genitori di Omosessuali), ha portato la sua testimonianza di genitore, raccontando le molteplici sfide che affrontano lə genitorə che l’associazione accoglie.
Lorenzo Marinone, consigliere comunale di Roma Capitale e delegato alle Politiche giovanili, ha illustrato le iniziative messe in campo per portare ascolto e supporto ai giovani nei luoghi culturali e di aggregazione.
Arianna Genovese, responsabile del Centro Antidiscriminazione ed operatrice sociale, ha condiviso dati allarmanti sulle discriminazioni subite e sugli effetti psicosociali che ne derivano, raccolti tramite il lavoro quotidiano di accoglienza, ascolto e sostegno svolto dal Centro.
Agostino Di Buono Lanzetta, del gruppo giovani del CCO Mario Mieli, si è fatto portavoce dei disagi vissuti da unə giovane appartenente alla comunità LGBTQIA+, sottolineando l’importanza di spazi di ascolto, supporto e condivisione come il Mario Mieli.
Silvano Fraticelli e Chiara Rosati, genitori di Nicolò Fraticelli, hanno condiviso la storia di Nick attraverso un toccante video in cui lui stessə affrontava temi di grande rilievo con profonda lucidità e sensibilità.
Invito alla lettura dell'articolo di Gabriele Vittorio Di Maio, pubblicato su l'Eroica Fenice e intitolato "Salute mentale e identità nella comunità LGBTQIA+", che propone una egregia sintesi delle riflessioni condivise durante il Talk.
Nicolò sono io!
Abbiamo conosciuto Nicolò durante il Talk attraverso il racconto dei genitori e attraverso un toccante video in cui lui stessə si racconta e ci racconta la realtà di tantə ragazzə come lui.
Leggi la presentazione della madre Chiara e del padre Silvano.
Il mio intervento: "Salute mentale e identità nella comunità LGBTQIA+: Dove stiamo sbagliando?" - Florinda Barbuto, psicoterapeuta
Mi associo ai ringraziamenti per l’invito. Confesso che quando mi è stato chiesto di partecipare, ho avuto un attimo di esitazione. Mi sono chiesta se avessi qualcosa di davvero importante e non banale da dire. Ma poi ho pensato che esserci, come persona e professionista, era davvero importante. Con Nick, per Nick. Perchè non possiamo non sentirci tutti coinvolti.
La domanda successiva è stata: di cosa parlarvi? Ho scelto di portarvi alcune riflessioni nate proprio pensando a questo nostro incontro. Non vogliono essere risposte, ma domande. Spunti per pensare insieme. Partendo dalle parole chiave che costruiscono il titolo del nostro talk.
Essere se stessə
Permettetemi di iniziare con alcune righe da Il ballo delle incertezze di Ultimo:
“Sono i momenti, quelli persi a dare un senso, forse.
Mi chiedi perché sono fragile, sono diverso forse? [...]
Incontro me stesso e poi gli chiedo se vuole ballare.
Ferma la musica, che il silenzio adesso sa parlare.”
L'identità
Incontrare sé stessi significa fare i conti con la propria identità. L’identità non è qualcosa di predefinito ma si costruisce nel tempo, tra mille influenze, paure e pressioni. Per farlo serve coraggio, soprattutto quando si sceglie di non aderire ai binari imposti dalla società. E parlare di identità, con la sua complessità, è già un atto politico e di rispetto.
Qui parliamo in realtà di una doppia identità: una personale, unica e irripetibile; l’altra legata all’appartenenza a una comunità. Quest’ultima può offrire un senso di protezione, riconoscimento e richiesta di tutele. Ma non dobbiamo dimenticare l’identità personale, perché — e non è affatto banale ricordarlo — ogni persona è una realtà a sé, con una sua storia personale.
La salute mentale
Nonostante i tanti cambiamenti, la salute mentale resta ancora uno stigma.
Molte persone che arrivano in studio faticano a riconoscere il proprio malessere come una “vera” sofferenza. E spesso hanno ancora più difficoltà a mostrarlo agli altri.
Viviamo in ambienti che ci chiedono di essere sempre forti, performanti, sorridenti. Non c’è spazio per la fragilità. Soprattutto quella invisibile, quella che non appare sui volti, nel corpo e nei selfie di chi quasi sempre soffre in silenzio.
Questo spiega anche lo stupore con cui spesso ci arrivano certe notizie che ci trovano increduli. Come quando ho saputo di Nick.
Mi piace citare Ettore, che secondo alcuni, con la sua resilienza, è il vero eroe dell’Iliade (contrapposto ad Achille, con la sua forza). Nel saggio di Matteo Nucci, "Le lacrime degli eroi", è così che viene presentato Ettore: “La sofferenza e la perdita lo hanno lasciato nudo. Non ha nulla, se non se stesso.” (Bespaloff, citata da Nucci). Ed è così che “Quando non abbiamo più nulla fuori di noi, abbiamo ancora qualcosa in noi: la nostra vita che scorre nelle lacrime.”
Ecco: è lì che si ricostruisce un senso autentico del Tutto. Non il Tutto perfetto, di successo. Ma quello vero: fatto di umanità, lacrime, consapevolezza.
Perchè parlare di salute mentale della comunità LGBTQIA+?
Essere trans, non binari o appartenere a qualsiasi altra identità dell’acronimo LGBTQIA+ non significa essere malati. Tanto per ricordarlo, ad esempio, risale al 1990 la cancellazione dell'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali e la sua definizione da parte dell’OMS come “una variante naturale del comportamento umano”.
Tuttavia, i disagi psicologici e i disturbi psichici sono più frequenti tra le persone LGBTQIA+, non per ciò che sono, ma a causa dei maggiori fattori di rischio e dei minori fattori protettivi.
Vorrei condividere con voi qualche dato. Non sarò troppo scientifica nel citarli: sia per non annoiarvi con fonti e numeri, sia perché — in realtà — le indagini strutturate e aggiornate sono ancora piuttosto limitate.
Ma sono dati significativi, e purtroppo allarmanti:
- Le persone LGBTQIA+ hanno una probabilità da 2 a 4 volte maggiore di soffrire di depressione e ansia rispetto alla popolazione generale.
- Circa il 40–50% delle persone LGBTQIA+ sperimenta sintomi di depressione clinica nel corso della vita, rispetto a circa il 20% della popolazione generale.
- Il PTSD è molto più frequente, specialmente tra le persone transgender (fino al 30%).
- I disturbi alimentari sono da 1,5 a 3 volte più comuni nella comunità LGBTQIA+, spesso collegati alla difficoltà di accettare il proprio corpo e al dismorfismo corporeo.
- L’ideazione suicidaria e i tentativi di suicidio rappresentano un’emergenza reale:
- Gli adolescenti LGBTQIA+ hanno un rischio di tentativo di suicidio 4–6 volte superiore ai loro coetanei cisgender ed eterosessuali (CDC, 2022).
- Il 45% degli adolescenti LGBTQIA+ ha pensato seriamente al suicidio nell’ultimo anno
- Il 20% ha tentato il suicidio almeno una volta.
- Tra le persone transgender e non binarie, i tassi arrivano fino al 40%.
Quali azioni sono necessarie
1. Sensibilizzazione delle classi politiche
È fondamentale coinvolgere la politica — e attraverso essa, gli elettori — per invertire la tendenza negativa degli ultimi anni.
Le decisioni istituzionali non possono essere guidate da opinioni personali o dinamiche ideologiche, ma da dati e da un’etica di giustizia e inclusione.
Servono investimenti per finanziare ricerche solide e aggiornate, utili a proporre soluzioni inclusive, efficaci e rispettose della dignità di tutte le persone.
2. Formazione del personale sanitario
Molti medici, compresi colleghi, non hanno acquisito un’adeguata formazione per accogliere e sostenere le persone trans e non binariə.
Nel manifesto di questo Pride si fa riferimento alle cosiddette “terapie riparative” o “pratiche di conversione”, che — ed è un dato inquietante — nel 2024 in Europa sono state subite dal 26% delle persone LGBTQIA+.
3. Ridurre i fattori di rischio
È necessario contrastare con forza:
- discriminazione e stigma
- bullismo a scuola e in famiglia
- esclusione sociale e religiosa
- assenza di supporto familiare
- microaggressioni, violenze verbali e fisiche
In Italia siamo sotto la media europea per accettazione sociale delle persone LGBTQIA+ e per la percezione delle discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere.
4. Aumentare i fattori protettivi
Dobbiamo rafforzare:
- il supporto familiare e scolastico
- l’accesso a gruppi inclusivi
- politiche antidiscriminatorie efficaci
- servizi di salute mentale affermativi, competenti e sicuri
5. Creare spazi sicuri
Ho perso il conto delle volte in cui una persona è arrivata in studio dicendo: “Io non sono normale.”
Noi professionisti abbiamo il dovere di offrire spazi in cui questa convinzione possa essere messa in discussione, un luogo dove la persona si senta libera di essere se stessa, rispettata, ascoltata senza giudizio.
Non siamo perfetti — né come terapeuti, né come genitori, amici o volontari.
Ma lo spazio sicuro è quello dove ci siamo, e continuiamo a esserci, con tutte le nostre imperfezioni.
Spazi sicuri sono anche — e soprattutto — quelli associativi, aggregativi, come quello che ci ospita oggi. Luoghi dove si può essere sé stessi e sentirsi parte di una comunità. Luoghi — come ho sentito dire più volte da Ali Bravini — che sono safer places.
Riflessioni conclusive
Concludo con la certezza che molte delle cose che ho condiviso quasi sicuramente le conoscete già, se non tutte almeno in parte.
Ma spero di aver acceso qualche riflessione. Una in particolare.
Se i dati continuano a essere così allarmanti — e su alcuni fronti addirittura peggiorano — la domanda che dobbiamo porci è: Dove stiamo sbagliando?
Mentre me lo chiedevo mi è venuta in mente una vignetta molto esaustiva nella sua semplicità.
Come professionista, sono qui proprio per questo: provare a capire.Un bambino chiede al maestro:
“Maestro, perché tutti giudicano?”
E il maestro risponde:
“Perché cercare di capire costa troppa fatica."
E spero che questo sforzo venga fatto anche dalle istituzioni.
E dalla collettività.
Fonte immagini: locandina - foto del palco di eroicafenice