Prendersi cura di sé non è autoindulgenza, è auto‑preservazione.
Audre Lorde
Prendersi cura di una persona cara — un familiare anzianə, malatə o con disabilità — è un atto di amore e dedizione. Ma per molte persone questo impegno costante si trasforma in una fatica invisibile, con conseguenze su corpo, mente e relazioni.
Anche perché, quasi sempre, questo impegno si somma a quelli già presenti nella vita di ciascunə di noi: lavoro, casa, bollette da pagare e altri impegni personali.
Le ricerche mostrano che il caregiver burden non è un fenomeno marginale: in contesti di assistenza continua, tra il 30% e l’86% dei caregiver riportano livelli significativi di stress, carico psicologico o burnout (Chou et al., 2023; Van den Heuvel et al., 2020).
Che cos’è il caregiver burden
Il caregiver burden rappresenta il peso emotivo, fisico e sociale che grava su chi assiste persone non autosufficienti.
Non è solo stanchezza ma comporta sintomi:
- Psicologici: ansia, irritabilità, depressione, difficoltà a gestire le emozioni.
- Fisici: affaticamento, problemi di sonno, malesseri somatici.
- Sociali: isolamento, riduzione dei rapporti, perdita di tempo per sé stessi.
Alcuni studi mostrano che tra i caregiver di persone con patologie complesse il burden può raggiungere livelli medio‑alti nel 50‑60% dei casi (Alvira et al., 2020).
I vissuti emotivi del caregiver
Essere caregiver significa spesso affrontare un mix complesso di emozioni che non sempre è facile gestire, tra cui:
- Rabbia e frustrazione: quando il carico diventa eccessivo o le esigenze del familiare limitano la propria vita quotidiana.
- Tristezza e ansia: il timore per la salute della persona assistita e la consapevolezza dei propri limiti possono generare preoccupazione costante e momenti di malinconia.
- Sensi di colpa: pensieri come “Non sto facendo abbastanza” o “Dovrei essere più presente” aumentano lo stress emotivo.
- Stanchezza ed esaurimento: la fatica fisica e mentale accumulata giorno dopo giorno può manifestarsi con irritabilità o difficoltà a concentrarsi.
Tutto questo può diventare ancora più faticoso quando il legame familiare è segnato da conflitti, trascuratezza o esperienze di violenza: in questi casi il caregiver si trova a dover accudire proprio la persona che, in passato o nel presente, è stata fonte della propria sofferenza.
Riconoscere questi vissuti è fondamentale. Spesso, in psicoterapia, si ha finalmente la possibilità di ascoltarli e condividerli, senza temere di essere giudicati, senza giudicarsi. E questo è ancora più vero nei gruppi di terapia.
Non si tratta di debolezza, ma di segnali che indicano quanto il caregiving impatti sul nostro benessere. Dare loro spazio e nominarli è il primo passo per affrontarli in modo consapevole.
Alcune strategie pratiche per gestire il carico
Gestire il burden del caregiver richiede strumenti concreti e azioni quotidiane: ecco alcune strategie utili per proteggere il proprio benessere senza trascurare chi si assiste.
- Pianificare momenti regolari di pausa: anche brevi intervalli durante la giornata possono ridurre lo stress accumulato. Dieci‑quindici minuti lontano dal caregiving fanno già la differenza.
- Mantenere contatti sociali: amicə, familiari o gruppi di supporto offrono uno spazio per condividere esperienze, ricevere consigli e sentirsi meno solə.
- Dedicarsi ad attività piacevoli e ricaricanti: leggere, passeggiare, ascoltare musica, meditare o praticare esercizio fisico leggero aiuta a ristabilire energia e benessere mentale.
- Chiedere supporto professionale: psicologə, counselor o servizi dedicati al caregiving possono fornire strumenti personalizzati per affrontare stress, ansia o burnout.
- Organizzare e delegare: valutare quali compiti possono essere condivisi con altrə membrə della famiglia o con servizi di assistenza può alleggerire significativamente il carico quotidiano.
- Monitorare segnali fisici ed emotivi: riconoscere i primi segnali di affaticamento, irritabilità, disturbi del sonno o della concentrazione permette di intervenire prima che il burnout diventi più grave.
Queste strategie non eliminano le difficoltà del caregiving, ma aiutano a gestirle in modo più sostenibile, proteggendo la propria salute e le relazioni con chi si assiste.
Come affrontiamo il burden insieme nei gruppi
Come detto, lo spazio della psicoterapia è un contesto protetto in cui finalmente lə caregiver, la persona, si sente libera di avere uno spazio per sé e di poter essere autentica. Questa condivisione diventa ancora più preziosa quando, in un gruppo di terapia, la persona riesce a ritrovarsi nella storia di chi vive le sue stesse difficoltà.
Come abbiamo visto nell'articolo Caregiver burden: trovare sostegno nei gruppi per affrontare il fardello del prendersi cura confrontarsi in gruppo con altri caregiver, infatti, offre uno spazio protetto in cui:
- Condividere esperienze e riconoscere le proprie emozioni
- Confrontarsi con chi vive situazioni simili, riducendo il senso di solitudine
- Imparare a riconoscere i segnali di burden e a gestirli in modo consapevole
- Esplorare strategie pratiche per alleggerire il carico e preservare il proprio benessere
- Attivare risorse personali e trovare nuovi modi per riequilibrare energia ed emozioni
Stare in gruppo, dunque, permette di sentirsi supportatə, normalizzare le proprie difficoltà e sviluppare strumenti concreti per affrontare il caregiving senza esaurirsi.
Alcuni riferimenti bibliografici
- Chou, K.R., et al. (2023). Caregiver burden and mental health outcomes: A meta-analysis. PubMed.
- Van den Heuvel, E., et al. (2020). Determinants of caregiver burden in chronic illness: A systematic review. Springer.
- Alvira, A., et al. (2020). Caregiver burden and quality of life in chronic disease. BMC Health Quality of Life.